Nella fitta oscurità della foresta, Deva fuggiva, la caviglia rotta le procurava un dolore lancinante, ma la sua volontà di sopravvivere era ancora più forte. Gülcemal, con una determinazione spaventosa, la inseguiva da vicino, i suoi passi risuonavano nello spazio silenzioso. Quando fu messa alle strette, Deva raccolse tutto il suo coraggio e tirò fuori la pistola dalla tasca. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e premette il grilletto. Lo sparo ruppe il silenzio della notte. Gülcemal cadde, il proiettile lo aveva colpito al petto, il sangue scorreva senza sosta.
Deva rimase immobile, il cuore le batteva all’impazzata. Non poteva credere di averlo fatto. Gülcemal, l’uomo che l’aveva torturata e maltrattata per anni, era morto per mano sua. Gülcemal si contorceva dal dolore, gli occhi sbarrati, fissava Deva con incredulità. Non poteva credere che quella ragazza fragile, che aveva sempre disprezzato, fosse riuscita a sconfiggerlo. ‘Ti prego… aiutami,’ ansimò Gülcemal, con una voce flebile. ‘Io… smetterò.’ Deva lo guardò con sospetto. Non credeva alle sue parole. Troppe volte Gülcemal aveva promesso e poi infranto le sue promesse.
‘Sto dicendo la verità,’ continuò Gülcemal. ‘Ho sbagliato. Ho fatto cose orribili. Ma voglio cambiare.’ Deva rimase in silenzio, riflettendo. Sapeva che Gülcemal era pericoloso, ma sapeva anche che le persone potevano cambiare. Se lo avesse perdonato, sarebbe cambiato davvero? Alla fine, Deva annuì. Si chinò e lo aiutò ad alzarsi. Lui si appoggiò a lei, respirando affannosamente. ‘Grazie,’ mormorò Gülcemal. ‘Grazie per avermi dato un’opportunità.’ Deva non disse nulla, lo guardò soltanto. Sapeva che la strada davanti a loro non sarebbe stata facile, ma sperava che Gülcemal mantenesse la sua promessa.