Nella stanza calda, l’odore di cipolla rosolata si mescolava con il profumo dei pomodori maturi, riempiendo l’aria. Gülcemal, con un sorriso gentile, posò un piatto fumante di menemen davanti a Deva. “Assaggia, Deva. È la nostra colazione tradizionale, ed è deliziosa.” Deva scosse la testa, gli occhi velati di tristezza.
“No, grazie.” La sua voce era fredda e distante. Gülcemal rimase sorpresa da quell’atteggiamento. Di solito, Deva mostrava un’aria fiera e distaccata, ma oggi sembrava che stesse evitando qualcosa. Gülcemal non si arrese. “Solo un assaggio. Ti piacerà.” Prese una forchetta e le porse un pezzo di menemen.
Deva afferrò la forchetta e la gettò con forza sul tavolo. “Non costringermi!” La sua voce tremava, e i suoi occhi erano arrossati. Gülcemal rimase senza parole. Non aveva mai visto Deva così vulnerabile. “Perché odi così tanto questo piatto?” chiese Gülcemal, con tono più dolce. Deva rimase in silenzio a lungo, poi, con voce rotta, disse: “Mia madre… mia madre fu uccisa subito dopo aver preparato il menemen per la nostra famiglia. Da allora, ogni volta che sento questo odore, mi torna in mente la sua morte.” Gülcemal rimase senza fiato. Non avrebbe mai immaginato che Deva portasse dentro di sé un dolore così profondo. L’immagine di Deva, sempre fiera e fredda, svanì, lasciando spazio a quella di una ragazza fragile e ferita.
Per la prima volta, Gülcemal si sentì in colpa. Senza volerlo, aveva riaperto una ferita nel cuore di Deva. Non la vedeva più come una nemica, ma come una persona con cicatrici profonde. In quel silenzio pesante, Gülcemal posò delicatamente una mano sulla spalla di Deva. “Mi dispiace, Deva. Non sapevo nulla.” Deva girò il volto, cercando di trattenere le lacrime. Gülcemal capì che Deva aveva bisogno di tempo per superare quel dolore. Non poteva fare altro che starle accanto, ascoltarla e condividere il suo fardello. Da quel giorno, il rapporto tra Gülcemal e Deva cominciò a cambiare. Gülcemal imparò a comprendere e ad avere empatia per Deva. Si rese conto che, dietro la durezza di Deva, c’era un cuore fragile e vulnerabile. E Deva, dopo aver condiviso il suo dolore, si sentì più leggera. Capì che Gülcemal non era una nemica, ma una persona pronta ad ascoltarla e a sostenerla. Il menemen, un piatto che un tempo portava dolore a Deva, divenne ora un ponte che avvicinava le due donne. Ricordava loro il passato doloroso, ma segnava anche l’inizio di una nuova amicizia, costruita sulla comprensione e sulla compassione.